martedì 14 agosto 2012




L'Aquila




Alcuni giorni fa sono stato a L’Aquila per accompagnare Gisela, impegnata in “Una città dall’acqua”, una performance di danza con Giorgio Rossi, nell’ambito del festival “I cantieri dell’immaginario” che si é svolto tra i cantieri della ricostruzione. Si é trattato di una esperienza forte, penso non ci si possa  davvero rendere conto della portata della tragedia, di quello che é successo con il terremoto, ma soprattutto dopo, con l’ignobile gestione dell’emergenza da parte della premiata ditta Ber-tolaso-lusconi, se non recandosi direttamente sul posto. Io mi sono trovato perso, a camminare all’imbrunire per tre quarti d’ora in una città fantasma, imbrigliata da impalcature e griglie metalliche, alla ricerca del luogo dello spettacolo, tra i vicoli della cosiddetta zona rossa. Le due o tre persone incontrate in quell’angosciante nulla non mi hanno saputo dare indicazioni certe, perché pare che anche gli Aquilani comincino a dimenticare nomi e luoghi della loro città; sembrava di vivere una scena da ultimo sopravvissuto di un film, un incubo, ma era vero. Non ci sono parole per descrivere quelle sensazioni. Mucchi di macerie qua e là, negozi dalle vetrine frantumate, rosoni bucati come occhi ciechi, tutto congelato agli ultimi tragici istanti come a Pompei, come se il sisma fosse avvenuto solo ieri, quando sono già passati ben 3 anni e mezzo. Che non sono abbastanza per ricostruire una città come L’Aquila, ma sicuramente lo sono per recuperare gli edifici meno lesionati, rammendare quartieri danneggiati, far ripartire a segmenti la vita, che invece é ferma, oramai lontana chilometri, come la speranza. Intorno a L’Aquila, catastrofe che si aggiunge alla catastrofe, una colata immonda di cemento, palazzine orrende dove sono stati praticamente deportati gli aquilani, terre fertili stuprate per far guadagnare i loschi imprenditori alla corte miracolistica di Bertolusconi. Uno schifo per il quale qualunque aggettivo non regge al peso di tanta oscena vigliaccheria, orchestrata da una rivoltante sfilza di sciacalli istituzionali.

Almeno l’arte risulta toccante in tutto questo, e lo spettacolo così contestualizzato é stato di una intensità rara. La leggenda di Colapesce, di cui la fontana delle 99 cannelle contiene un riferimento, acquisisce un significato prezioso, a misura per la vicenda aquilana. Trova realtà. Parla di catarsi e rinascita.

Ho trovato or ora su youtube un filmato delle prove

Noi abbiamo alloggiato negli spazi del collettivo Casematte - Comitato 3e32 - il gruppo di persone che si è formato pochi giorni dopo il terremoto del 6 Aprile, per rispondere dal basso all'espropriazione forzata del territorio ad opera di protezione civile e governo, iniziata in forma massiccia ed invasiva poche ore dopo la notte del 6 aprile e tuttora perpetrata. La sede del comitato, nei primi mesi consistente in strutture rimovibili e tendoni in un parco nei pressi del centro storico, è stata riconvertita nel progetto "Casematte": il recupero di un piccolo edificio in disuso, e degli spazi adiacenti, all'interno dell'ex-ospedale psichiatrico dell'Aquila. Un posto bellissimo, che tra l’altro mi ricorda San Salvi, l’ospedale psichiatrico vicino al quale vivevo a Firenze, anche lì padiglioni vuoti in mezzo al verde, occupati da qualcuno per attività artistiche. A fianco della basilica di Collemaggio, nella quale un tonfo al cuore si riserva per chiunque abbia il coraggio di entrare. La facciata non ha una scalfittura, grazie a Dio, e la navata pure è rimasta in piedi, mentre la cupola è interamente crollata. Rimangono sotto il cielo solo i due pilastri mozzi, sopra uno dei quali è stato deposto il corpo di Celestino V, colui che volle la costruzione di quella Basilica. Difficile non essere sopraffatti dall’emozione.

Sono stato proprio contento di aver piantato la tenda lì, e di aver condiviso la vita per qualche giorno con i ragazzi del collettivo, veramente fantastici, che mi hanno fatto sentire come a casa, anche se loro, o alcuni di loro, non hanno più la casa. Sono loro che hanno organizzato le sacrosante memorabili proteste per riprendere in mano il proprio destino, la propria città, come la rivolta delle carriole, lo yes we camp durante la farsa del G8, che ha preceduto la rivolta degli indignados in Spagna. 
Con piacere ho notato sulle pareti del padiglione bar un murales di MP5, inconfondibile il suo tocco, e bello rincontrarla qui a L’Aquila, anche se solo per mezzo artistico. Mi è venuto spontaneo un disegno sull’onda delle emozioni di quei giorni, dedicato al comitato o collettivo e alla città che rappresentano, che allego qui insieme al collegamento ai siti del collettivo, invitandovi caldamente a visitarli.


www.mediacrewcasematte.org


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