mercoledì 27 maggio 2020

ATTENZIONE! NIDI DI FRATINO





Ed ecco il cartello che ho disegnato per i Fratini. In questi giorni lo stiamo posizionando su alcune spiagge abruzzesi, tra cui il Foro di Ortona e San Salvo. Un grazie per l'iniziativa alla SOA Stazione Ornitologica Abruzzese, al Comitato Dune Bene Comune e al GFV Gruppo Fratino Vasto. Se a qualcuno può essere utile mi contatti pure. W i Fratini. Ciao!

venerdì 22 maggio 2020

GIORNATA DELLA BIODIVERSITÀ 2020




Nell'Anno della Biodiversità, oggi si festeggia la Giornata Mondiale della Biodiversità, quella che stiamo perdendo drammaticamente, anno dopo anno, senza capire bene cosa sia. Un concetto ampio e variopinto, che l'uomo comune, animale alienato, plagiato dalla civiltà dei consumi, fatica a ricollegare alle più semplici manifestazioni della Natura che circondano le nostre case. Una vespa che cerca un pertugio dove poter nidificare, un crespigno che inaspettatamente spunta tra il marciapiede e il muretto. Manifestazioni di una "natura minore" che vengono liquidate spesso a colpi di insetticida o diserbante, eppure l'unico "abc" che possediamo per tentare una rieducazione alla biodiversità più ampia del nostro Pianeta. Perché non ci vuole poi tanto, si tratta semplicemente di fare l'appello, chiamare per nome ciò che neanche conosciamo, benché partecipi della nostra vita quotidiana, riconoscere le mutue esigenze e cercare di convivere. Tollerando i pochi inconvenienti, per apprezzare gli enormi vantaggi che un ecosistema integro può donarci. Fare una donazione a una qualche grande associazione ambientalista impegnata nella difesa degli armadilli giganti o delle tigri siberiane, seppur atto meritorio, non servirà a salvarci l'anima, e neppure a cambiare in meglio questo pianeta, se non ristabiliamo prima di tutto una connessione con l'ecosistema della porta accanto, o piuttosto accanto alla porta. 
In questo percorso di rieducazione, le specie animali cosiddette "sinantropiche" (non quelle domestiche che spesso ci inducono anzi a una fuorviante attenzione) ci possono esser di grande aiuto. Tra queste, in particolare quelle che abitano dentro le nostre case, pur mantenendo il loro prezioso status di animali selvatici. Ad esempio i rondoni. Quali migliori testimonial per indurci a considerare la cura della "Casa Comune", di cui parla l'Enciclica di Papa Francesco? 
Forse il periodo di "lockdown", ha avuto l'effetto di svegliarci, di farci comprendere che attorno a noi esiste una natura che è pronta a riprendere i suoi spazi, se glielo lasciamo fare, perché gli animali ne hanno bisogno, e quindi anche noi, in quanto animali, ne abbiamo bisogno. Le incursioni di caprioli, tassi, scoiattoli, montoni, nelle nostre città, o anche alligatori, canguri etc. come si vede nel fantastico video "Animals reclaiming the world" possono forse aiutarci a guardare con più attenzione quelle specie che hanno continuato, nonostante tutto, ad abitarle, dimostrandoci che, per quanto ci allontaniamo da lei, la natura viene continuamente da noi a chiamarci, e a richiamarci. In un certo senso, la biodiversità mondiale la sua festa l'ha già vissuta nei due mesi passati, e ora, terminata la quarantena, l'uomo riprende possesso dei "suoi" spazi. Ricominceremo daccapo, come ha amaramente previsto Steve Cutts nella sua animazione Man 2020, o avremo finalmente capito qualcosa?

Visto che siamo in un'annata di emergenza, nella quale i tanti incontri da dedicare alla biodiversità sono purtroppo saltati, mi piace ancora soffermarmi a ricordare e raccontare quelli belli, e significativi dell'anno scorso, quando, esattamente in questa giornata presentavo il romanzo grafico "Dove i rondoni vanno a dormire" a Napoli, una città che identifico sempre con una "biodiversità umana" ricca ed esuberante, predisposta, a mio avviso, alla convivenza con un'avifauna, altrettanto ricca di storie e particolarità. 
Per me un attingere alle origini, visto che Napoli per molto tempo, per noi vastesi, è stata l'Università per eccellenza, quella che hanno frequentato i miei genitori, e prima ancora i nonni, e via a risalire. A me è capitato invece di studiare a Firenze, una città antitetica, con un carattere da gioielleria, e questo personale vissuto senz'altro amplifica per contrasto le sensazioni che provo ogni volta che visito Napoli. Perché se nella culla del Rinascimento mi sono continuamente soffermato a guardare i dettagli degli edifici, a Napoli trovo più interessante guardare i dettagli delle persone, portatrici, più spesso che altrove, di una dirompente originalità. L'incontro si è svolto presso la prestigiosa sede della Società dei Naturalisti, all'interno dell'Università intitolata a Federico II, autore -guardacaso- del primo "manuale" di ornitologia della storia. Ho avuto l'onore di essere introdotto da Antonino Pollio, presidente della Società, dal prof. Domenico Fulgione, che si è soffermato a parlare della socialità delle taccole e come questa possa essere influenzata dagli edifici, infine da Maurizio Fraissinet, presidente dell'Asoim, Associazione Studi Ornitologici dell'Italia Meridionale.

Nell'avvicinarmi al luogo della presentazione mi chiedevo in quale maniera la generosa umanità di Napoli mi avrebbe colpito. Ed è accaduto al primo incrocio nel quale mi sono fermato e con lo sguardo ho cercato via Mezzocannone: una signora si è prontamente alzata dal tavolino di un bar, e si è avvicinata per chiedermi con gentilezza "Ha bisogno?" per darmi poi l'indicazione sulla distanza dall'Università. Sembra una sciocchezza, ma non sono cose che accadono tutti i giorni, in tutte le città; e potrei parlare anche del simpatico pizzaiolo, nel locale dove mi sono fermato a mangiare: mi ha sentito chiamare un amico, per ricordargli dell'incontro, e al momento di salutarmi ha aggiunto: "Auguri!". "Per cosa?" chiedo allora io, "Per la presentazione" risponde lui. 
Cosa c'entra questo con i rondoni? Tanto, a mio avviso. Perché se questi piccoli segnali d'attenzione, se questa sollecitudine verso l'altro, questa apertura, questa attenzione ai dettagli, alla mimica, alle necessità non dichiarate, sono riservate anche ai nostri amici alati, sicuramente le storie di convivenza tra uccelli e uomini, nella città partenopea, devono essere affascinanti e piene di risvolti arguti e divertenti. 
Perché infine solo di questo si tratta: accorgersi di chi è intorno a noi, delle sue esigenze, delle sue specificità, accoglierlo nella sua diversità, o biodiversità. Riconoscersi. Soprattutto se qualcuno arriva da fuori, da lontano. Come può arrivare da lontano un uccello migratore. Non a caso Napoli è la prima città al mondo ad avere tre Atlanti delle specie nidificanti e svernanti, grazie soprattutto a Maurizio Fraissinet, che ha promosso l'incontro. Mi ha fatto piacere avere tra il pubblico i ragazzi dell'Asnu, Associazione di Scienze Naturali dell'Università di Napoli, le nuove leve della coscienza ambientale. Con il ricordo di un'esperienza intensa, nel segno della biodiversità, in attesa di tornare a poterci incontrare, e assembrare, liberamente.



domenica 17 maggio 2020

C'ERA DUNA VOLTA


Tanto i prodotti seriali del consumo hanno invaso le nostre spiagge, che a molti risulta “naturale” scambiare per tali le uova di Neverita josephinia: nastri di cartone, oppure cialde, coppette ricamate. Invece, semplici, stupefacenti agglomerati di uova e sabbia. Ce ne sono a centinaia sulla spiaggia, a seguito delle ultime mareggiate. Una volta tanto, non i nostri rifiuti, bensì i segnali di vita di un universo sconosciuto che pulsa a pochi metri dai nostri piedi nudi. A compensare l'assenza di nidi di fratino, anche alcuni grappoletti di uova di seppia, la cosiddetta “uva di mare”. Tanta fecondità non può che stridere drasticamente con l'opera di “sterilizzazione” in atto. 
 
L'uomo ha ripreso possesso già da alcuni giorni della “sua” spiaggia, per questo lo sciabordio dell'acqua è sovrastato dal rumore di ruspe e trattori, che lavorano incessantemente. E quel meraviglioso drappello di dune embrionali, inaspettatamente creatosi nel bel mezzo della spiaggia “commerciale”, che ho raccontato in un mio precedente post, è oramai solo un ricordo del periodo “felice” della quarantena. Oggi ci sono i mezzi meccanici a dissodare, livellare, rastrellare ogni segnale di vita di quell'universo, rendendo la spiaggia soffice, come il suolo di un resort, per l'arrivo dei bagnanti. Tutte cose viste e riviste mille volte. Prima ancora che intervenissero i trattori, quelle piante le avevano però già strappate via. Come se fossero un'eresia, un abominio. Perché purtroppo è così: per tanti balneatori, per tanti amministratori, la naturalità delle spiagge è qualcosa di cui vergognarsi, un male da estirpare alla radice.




La monocoltura dell'ombrellone non ammette alcuna ottica di sinergia, come è ben detto in questo articolo intitolato “Distanziamento ambientaleai tempi del Coronavirus”. Per tanti balneatori, che pure godono di un reddito grazie alla spiaggia, quelle piante non hanno probabilmente nemmeno un nome. Sono solo erbacce. Magari si tratta di persone che hanno anche un giardino nelle loro case, o una terra, e sanno distinguere tra una cicoria e una malva. Perché quelle sì, sono senz'altro piante, forse hanno una dignità e un posto nel loro ristretto mondo, mentre sulla spiaggia no, sono uno sbaglio divino, una maledizione. Sulla spiaggia una espressione vegetale è più inaccettabile di un rifiuto di plastica. A costoro, il fatto che nel periodo di quarantena la natura abbia ripreso molti dei suoi spazi, non suggerisce che forse dovremmo riconsiderare i nostri spazi in maniera più inclusiva; che hanno ancora perso una ottima occasione per far vedere ai propri clienti come fiorisce il deserto, creando -o più semplicemente lasciando esistere- un piccolo giardino botanico dunale. Non li induce a mutare nemmeno la considerazione che quel tratto di spiaggia di fatto non gli appartenga, e non possono decretarne vita o morte, tanto più per habitat protetti da direttive europee, perché sono solo concessionari di un bene pubblico, che dunque dovrebbero saper gestire nell'interesse pubblico, pur traendone legittimamente guadagno. E l'interesse pubblico sta nell'accrescimento della biodiversità, piuttosto che delle loro sedie a sdraio. Ma d'altronde, perché dovrebbero darsi pena di capire e far capire qualcosa in più, quando quasi nessuna Amministrazione si preoccupa di educare i suoi cittadini con dei pannelli informativi?

 
Queste persone, che depauperano la spiaggia di tutti i depositi organici, di tutte le forme di vita, che pure la difendono, la accrescono, sono le stesse persone disposte a illudersi che la frutta provenga dal supermercato; e se ancora sono in grado di risalire all'arduo concetto che i frutti provengono dagli alberi, mai e poi mai arriveranno a riconoscere che è grazie agli insetti pronubi, che gratuitamente trasportano il polline, se quei frutti sono arrivati a maturazione, quindi sui loro piatti. Esattamente quegli stessi insetti che pullulavano su quelle stupide, insignificanti dune embrionali, tra fiori di silene e ginestrino. Persone che vogliono godere dei frutti della Natura, senza pensare in contraccambio, di dover contribuire alla fecondità della vita. Persone che, in altro contesto, passano a diseccare ogni forma di vita attorno ai loro olivi. Salvo poi chiedere gli aiuti dello stato e invocare lo stato di calamità quando a disseccarsi sono gli stessi olivi. Lì coltivazioni di olivi, qui di ombrelloni. Dove si spreme l'olio solare, spesso così dannoso per la vita del mare, e le barriere coralline.


Leggo la recente notizia di una invasione di cavallette in provincia di Nuoro, che sta distruggendo qualunque orto o campo coltivato trovi sul suo cammino. Coldiretti afferma nell'articolo riportato da Ansa che "L'unica speranza è nei predatori naturali, come gli uccelli che potrebbero aiutare a contenere le popolazioni di locuste”. Fa piacere che finalmente si cominci a scrivere che la lotta biologica è l'unica arma veramente efficace contro parassiti e insetti nocivi... ma gioverebbe allora anche ricordare che gli uccelli non esistono solo quando ci fanno comodo. Hanno bisogno sempre, di nutrimento. E, per tornare a quel drappello di dune embrionali in fiore, esse richiamavano appunto gli insetti, che a loro volta richiamavano dei formidabili insettivori, come i balestrucci e soprattutto le rondini, la cui popolazione è in notevole declino, proprio a causa dei pesticidi la cui funzione sarebbe quella di garantire il proprio raccolto. Salvo poi vederlo distrutto quando arrivano le cavallette, ma le rondini non ci sono più. In un cortocircuito logico. In una dimostrazione di ignoranza che si rinnova ogni anno con le fioriture primaverili, e l'inizio della stagione balneare, cui si aggiunge quest'anno il sovraccarico di idiozia generato dal Coronavirus. Con le sanificazioni annunciate degli stabilimenti balneari, che si spera non spandano candeggina anche sulla sabbia, come avvenuto in Spagna. E la moltiplicazione dei rifiuti di plastica al vento. E i guanti pronti ad agguantare ignari pesci. 
Ma se la distanza minima di 3,5 mt tra ombrellone e ombrellone ci darebbe un giusto respiro, facendo somigliare meno ad allevamenti intensivi le nostre concessioni, come non preoccuparsi della compensazione che gli operatori balneari chiedono? Perché i legislatori gliela concederanno, come si denuncia in questo articolo intitolato “Spiagge libere addio? La Regione le regala agli stabilimenti balneari”, preoccupandosi di salvaguardare il loro fatturato, ma non altrettanto il “fatturato” della Natura, dal quale pure il primo dipende. Sembra che non riusciamo a imparare nulla dalle lezioni, in questa Italia che ha festeggiato il suo Overshoot day già da tre giorni. La rarefazione dell'uomo paradossalmente produrrà ulteriore rarefazione della natura. Le grandi ammucchiate di Jovanotti, e il distanziamento balneare, due situazioni tanto diverse, produrranno lo stesso drammatico effetto, se non si prende in considerazione l'adeguato distanziamento dalla natura. E il fatto che nella task force del Governo ci sia ora anche Donatella Bianchi, con la "competenza" acquisita durante il Jova Beach Party, non ci aiuta certo a stare tranquilli. Gli operatori balneari si allargheranno, passeranno a gestire anche le spiagge libere, arriveranno con i loro trattori a conquistare alla “civiltà” nuovi tratti semiselvatici di costa. E una volta che si saranno allargati, che avranno conquistato un diritto, sarà ben difficile farli tornare nei ranghi.


Così, tra prassi ed emergenza, continuano testardamente, scioccamente, anno dopo anno, a segare il tronco sul quale pur siedono, dilapidando senza un minimo di coscienza quel piccolo capitale che la natura gli ha affidato, e quando se lo ritroveranno eroso con le prime mareggiate autunnali, con i piedi nell'acqua piangeranno disgrazia. E ancora invocheranno aiuti dallo stato. Parleranno di catastrofe, quando si tratta semplicemente di inesorabile karma del dissennato turismo balneare.



Le uova di Neverita Josephinia

lunedì 11 maggio 2020

ON THE ROND



Sabato 9 maggio si è celebrata ufficialmente la Giornata Mondiale degli Uccelli Migratori -la rete che connette il mondo, da molto prima che esistesse la Rete - che si festeggia dal 2006 nel secondo fine settimana di questo mese. L'anno scorso, in questa ricorrenza, presentavo il romanzo grafico "Dove i rondoni a dormire" presso il Museo di Storia Naturale di Trieste. Tornando di fatto sul luogo del "delitto" perché è proprio nella città istriana che Zoe, la giovane protagonista, salva un rondonotto caduto a terra. Un incontro che le apre nuovi orizzonti e nuovi cieli, da volare con ali non metaforiche, in una città di frontiera che più di ogni altra serba la vocazione al viaggio, e tra le sue strade non può non contemplare quelle celesti. Tante suggestioni, diramazioni di mondi, ricordi letterari, si affollano alla mente e al cuore, stretti tra il mare e i primi rilievi carsici: gli echi bizantini dell'arte secessionista, e Kafka, Rilke,  l'odissea di Joyce, gli echi della grande guerra, dei versi di Saba,  i Balcani e Sarajevo, persino Dante che si affaccia dal castello di Duino o insinua il suo profilo tra le gallerie della strada costiera. Tante suggestioni che ti possono illuminare sul senso ultimo di un libro, quello di spingerti a intraprendere tu stesso un viaggio, magari aiutato dal soffio impetuoso della Bora. A Trieste la parola d'ordine è sconfinare, in ogni dove, e la poesia ci riesce benissimo, la poesia e i rondoni.


Non a caso, direi allora, Trieste vanta fra le sue eccellenze Liberi di volare, associazione con un centro di recupero, unico in Italia, dedito esclusivamente ai rondoni, belestrucci e rondini. Una città dove, tra le amorevoli cure dei volontari del centro, come ho raccontato nel mio libro, i rondoni riprendono il volo poeticamente, dall'alto di una Stairway to heaven nella pista del campo di volo per ultraleggeri di Prosecco. E non potrebbe esserci luogo più azzeccato. 
A Trieste, l'anno scorso ho avuto anche la fortuna di assistere al salvataggio di un rondone "in diretta", da parte di Silvana Di Mauro, presidente dell'associazione, dopo un'intervista radiofonica nella sede della Rai friulana. La barista di uno dei locali del centro storico aveva telefonato per un SOS.: guidando, un rondone, probabilmente stremato dalle condizioni metereologiche di un maggio decisamente freddo e nuvoloso, le era entrato nell'abitacolo. E quando arrivammo sul posto era davvero lì, rannicchiato sotto l'acceleratore.


Quest'anno la pandemia ha sconvolto tutti i nostri programmi e con essi la lunga lista di incontri che la comunità rondonara stava organizzando, dalla Sicilia alla Svizzera. Così non mi resta che rievocare quelli dell'anno scorso, quando io e Mauro Ferri, eravamo all'apice della nostra vita ON THE ROND(oni), e attraverso Venezia, eravamo approdati a Trieste, da cui poi risalire l'11 maggio a Gemona e Venzone, dando una sbirciata anche ai Grifoni del Cornino, per concludere infine trionfalmente il tour il 12 maggio a Boltiere, in Provincia di Bergamo, con la Festa dei Rondoni. Accolti dal sorriso e dall'entusiasmo contagioso di Anna Luisa Faleschini e Luciano Gelfi, che portavano un “cartello stradale” cucito a mano, ad indicare i 40mt dalla Torre Rondonara, il prezioso manufatto che è diventato il cuore pulsante di questa cittadina del Bergamasco. Sulle ali dei rondoni azzurri stampati sull'asfalto, come un'ombra gentile di quelli in volo, siamo andati poi a visitare la prima piazza italiana dedicata ai rondoni apprendendo via via tutti i coloriti dettagli di un progetto didattico straordinario, del quale non voglio parlare oltre, per lasciare che siano i suoi protagonisti a farlo, attraverso questo video, intitolato "Boltiere e la Torre dei Rondoni: UN PROGETTO DI PARTECI-PASSIONE



"Nel Friuli ricostruito il rondone cerca casa" questo invece era il titolo del doppio evento a Gemona e Venzone. Per me che vengo dall'Abruzzo, una regione che di terremoti ne sa qualcosina, è stata la possibilità di visitare una ricostruzione spesso tirata in ballo nei dibattiti televisivi, come esemplare. Pensavo di soffrire delle devastazioni dell'evento sismico, come soffro in ogni città sconquassata da una guerra o un terremoto, laddove edifici privi di qualità in maglie ortogonali hanno sostituto per sempre tutta la ricca tessitura dell'architettura storica, invece ho camminato con enorme sollievo in centri restituiti pienamente alla loro identità, e soprattutto in tempi brevi. Un miracolo, per noi che ultimamente siamo abituati a vedere le macerie sostare immutate dal crollo anche per anni, prima che succeda qualcosa. Eppure, in questi centri rinati a nuova vita, qualcosa manca: te ne accorgi dal silenzio, soprattutto all'imbrunire, quando con i loro caroselli i rondoni riempiono il cielo, e il nostro cuore.
Ebbene sì, in quella ricostruzione esemplare, nella comprensibile impazienza di tornare a una vita normale, hanno trascurato un dettaglio che trascurabile non è: in quelle case non ci vivevano solo gli uomini, ma anche i rondoni, e  con essi tutta la varia biodiversità urbana. E così, il cielo della Carnia da quei giorni è privo di un elemento essenziale alla percezione della primavera, al suo godimento pieno. Come un prato senza fiori. E un manipolo di persone attente al rapporto fra uomo e natura, guidato da Arduino Candolini, tenta di riportarli, cosa non facile quando nella progettazione degli edifici non si è tenuto conto di tutte le cavità che nelle architetture storiche li ospitavano. 
Si tratta di un'evidenza toccante: in una tragedia come quella che colpì il Friuli nel 1976, non perdiamo la casa solo noi, ma anche loro. La nostra casa è dunque anche la loro. Eppure non ci pensiamo quasi mai. Grazie ai rondoni il cielo è più vicino. E dovunque siate nella strada delle vostre vite, alzate gli occhi e una rete di corrispondenze vi accoglierà, se farete la "sciocchezza" di buttarvi nel vuoto, all'incontrario.