lunedì 11 maggio 2020

ON THE ROND



Sabato 9 maggio si è celebrata ufficialmente la Giornata Mondiale degli Uccelli Migratori -la rete che connette il mondo, da molto prima che esistesse la Rete - che si festeggia dal 2006 nel secondo fine settimana di questo mese. L'anno scorso, in questa ricorrenza, presentavo il romanzo grafico "Dove i rondoni a dormire" presso il Museo di Storia Naturale di Trieste. Tornando di fatto sul luogo del "delitto" perché è proprio nella città istriana che Zoe, la giovane protagonista, salva un rondonotto caduto a terra. Un incontro che le apre nuovi orizzonti e nuovi cieli, da volare con ali non metaforiche, in una città di frontiera che più di ogni altra serba la vocazione al viaggio, e tra le sue strade non può non contemplare quelle celesti. Tante suggestioni, diramazioni di mondi, ricordi letterari, si affollano alla mente e al cuore, stretti tra il mare e i primi rilievi carsici: gli echi bizantini dell'arte secessionista, e Kafka, Rilke,  l'odissea di Joyce, gli echi della grande guerra, dei versi di Saba,  i Balcani e Sarajevo, persino Dante che si affaccia dal castello di Duino o insinua il suo profilo tra le gallerie della strada costiera. Tante suggestioni che ti possono illuminare sul senso ultimo di un libro, quello di spingerti a intraprendere tu stesso un viaggio, magari aiutato dal soffio impetuoso della Bora. A Trieste la parola d'ordine è sconfinare, in ogni dove, e la poesia ci riesce benissimo, la poesia e i rondoni.


Non a caso, direi allora, Trieste vanta fra le sue eccellenze Liberi di volare, associazione con un centro di recupero, unico in Italia, dedito esclusivamente ai rondoni, belestrucci e rondini. Una città dove, tra le amorevoli cure dei volontari del centro, come ho raccontato nel mio libro, i rondoni riprendono il volo poeticamente, dall'alto di una Stairway to heaven nella pista del campo di volo per ultraleggeri di Prosecco. E non potrebbe esserci luogo più azzeccato. 
A Trieste, l'anno scorso ho avuto anche la fortuna di assistere al salvataggio di un rondone "in diretta", da parte di Silvana Di Mauro, presidente dell'associazione, dopo un'intervista radiofonica nella sede della Rai friulana. La barista di uno dei locali del centro storico aveva telefonato per un SOS.: guidando, un rondone, probabilmente stremato dalle condizioni metereologiche di un maggio decisamente freddo e nuvoloso, le era entrato nell'abitacolo. E quando arrivammo sul posto era davvero lì, rannicchiato sotto l'acceleratore.


Quest'anno la pandemia ha sconvolto tutti i nostri programmi e con essi la lunga lista di incontri che la comunità rondonara stava organizzando, dalla Sicilia alla Svizzera. Così non mi resta che rievocare quelli dell'anno scorso, quando io e Mauro Ferri, eravamo all'apice della nostra vita ON THE ROND(oni), e attraverso Venezia, eravamo approdati a Trieste, da cui poi risalire l'11 maggio a Gemona e Venzone, dando una sbirciata anche ai Grifoni del Cornino, per concludere infine trionfalmente il tour il 12 maggio a Boltiere, in Provincia di Bergamo, con la Festa dei Rondoni. Accolti dal sorriso e dall'entusiasmo contagioso di Anna Luisa Faleschini e Luciano Gelfi, che portavano un “cartello stradale” cucito a mano, ad indicare i 40mt dalla Torre Rondonara, il prezioso manufatto che è diventato il cuore pulsante di questa cittadina del Bergamasco. Sulle ali dei rondoni azzurri stampati sull'asfalto, come un'ombra gentile di quelli in volo, siamo andati poi a visitare la prima piazza italiana dedicata ai rondoni apprendendo via via tutti i coloriti dettagli di un progetto didattico straordinario, del quale non voglio parlare oltre, per lasciare che siano i suoi protagonisti a farlo, attraverso questo video, intitolato "Boltiere e la Torre dei Rondoni: UN PROGETTO DI PARTECI-PASSIONE



"Nel Friuli ricostruito il rondone cerca casa" questo invece era il titolo del doppio evento a Gemona e Venzone. Per me che vengo dall'Abruzzo, una regione che di terremoti ne sa qualcosina, è stata la possibilità di visitare una ricostruzione spesso tirata in ballo nei dibattiti televisivi, come esemplare. Pensavo di soffrire delle devastazioni dell'evento sismico, come soffro in ogni città sconquassata da una guerra o un terremoto, laddove edifici privi di qualità in maglie ortogonali hanno sostituto per sempre tutta la ricca tessitura dell'architettura storica, invece ho camminato con enorme sollievo in centri restituiti pienamente alla loro identità, e soprattutto in tempi brevi. Un miracolo, per noi che ultimamente siamo abituati a vedere le macerie sostare immutate dal crollo anche per anni, prima che succeda qualcosa. Eppure, in questi centri rinati a nuova vita, qualcosa manca: te ne accorgi dal silenzio, soprattutto all'imbrunire, quando con i loro caroselli i rondoni riempiono il cielo, e il nostro cuore.
Ebbene sì, in quella ricostruzione esemplare, nella comprensibile impazienza di tornare a una vita normale, hanno trascurato un dettaglio che trascurabile non è: in quelle case non ci vivevano solo gli uomini, ma anche i rondoni, e  con essi tutta la varia biodiversità urbana. E così, il cielo della Carnia da quei giorni è privo di un elemento essenziale alla percezione della primavera, al suo godimento pieno. Come un prato senza fiori. E un manipolo di persone attente al rapporto fra uomo e natura, guidato da Arduino Candolini, tenta di riportarli, cosa non facile quando nella progettazione degli edifici non si è tenuto conto di tutte le cavità che nelle architetture storiche li ospitavano. 
Si tratta di un'evidenza toccante: in una tragedia come quella che colpì il Friuli nel 1976, non perdiamo la casa solo noi, ma anche loro. La nostra casa è dunque anche la loro. Eppure non ci pensiamo quasi mai. Grazie ai rondoni il cielo è più vicino. E dovunque siate nella strada delle vostre vite, alzate gli occhi e una rete di corrispondenze vi accoglierà, se farete la "sciocchezza" di buttarvi nel vuoto, all'incontrario.





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