mercoledì 29 aprile 2020

LA TUTELA DEL FRATINO IN LOCKDOWN

 
Questa è la foto del primo nido di Fratino trovato in Molise, esattamente il 25 aprile scorso. Tre uova, tra immancabili -oramai- detriti di plastica. Non poteva esserci migliore maniera per festeggiare la ricorrenza, e non dimenticare che, a lato della grande storia della Resistenza, c'é una storia minima di resistenza che giorno dopo giorno i fratini scrivono, opponendosi a suon di uova all'occupazione del loro habitat di vita.

È una foto che ho condiviso già qualche giorno fa sulla mia pag. fb Fratini d'Italia, che ripropongo per richiamare stavolta l'attenzione non solo su ciò che è ben visibile, ovvero il fratino -o meglio la fratina – con le sue uova, bensì anche su ciò o chi non è visibile, poiché rimane al di qua dell'obiettivo. Chi può avere scattato la foto? Forse mamma fratina, che poi ha pensato di farsi anche un selfie da inviare ai giornalisti? Ovviamente no, a scattare la foto è stato Luigi Lucchese di Ambiente Basso Molise, l'associazione che da anni si dedica con ammirevole tenacia alla tutela del piccolo limicolo, che è anche il suo simbolo associativo. Dato il periodo di quarantena, e visto che un nido di fratino uno non se lo trova casualmente sotto i piedi, ma bisogna cercarlo, e soprattutto saperlo cercare, possibilmente senza fare danni, la seconda domanda pertinente è: come mai Luigi si aggirava sulla spiaggia, senza che la polizia lo bloccasse e lo multasse? La risposta anche in questo caso è semplice: effettuava un sopralluogo per la ricerca e protezione dei nidi ufficialmente consentito dalla Regione Molise in data 17 aprile con un'Ordinanza per la Tutela dell'avifauna di interesse comunitario, nella quale ai Sindaci dei Comuni costieri si richiede, "prima di inziare qualsiasi tipologia di lavoro sulla spiaggia, o di rilasciare eventuali autorizzazioni o nulla osta, ai titolari degli stabilimenti balneari, di attivare, su tutta la spiaggia di propria competenza, un monitoraggio della nidificazione delle specie di avifauna di interesse comunitario". Il Molise, alla faccia di chi dice che non esiste, è stato la prima Regione d'Italia a dotarsi di un simile provvedimento. Grazie, tra gli altri, all'interessamento di Simona Contucci, Assessore all'ambiente di Montenero.




Ma riavvolgiamo il nastro di qualche giorno, per permettere a tutti di comprendere, fino a inizio aprile quando, dopo quasi un mese di lockdown, il fronte ambientalista teme una imminente ripresa delle attività di sistemazione degli arenili: se ogni anno, di questi tempi, è sempre una corsa contro il tempo a individuare le uova e metterle in sicurezza (laddove necessario) prima che vengano schiacciate da ruspe, trattori, inavveduti passanti, o deglutite da avveduti cani a passeggio, quest'anno l'eccezionalità della situazione fa temere addirittura una strage. Tanto più che il Fratino si ritrova sprovvisto delle sue "guardie del corpo" e mi riferisco a tutti gli attivisti che monitorano le sue attività, e a maggior ragione dovrebbero essere liberi di farlo in un momento tanto delicato. Fabio Vallarola, con il suo post del 5 Aprile, è il primo a lanciare un allarme, condiviso a livello nazionale da tanti attivisti: "In questo periodo di spiagge chiuse in tutta Italia i Fratini stanno nidificando ovunque. L’assenza di disturbi li porterà a fare il nido indifferentemente nelle aree libere, di fronte ai lungomari cittadini e persino dentro le aree in concessione. Possiamo essere certi che già da Pasqua i titolari delle concessioni inizieranno a fare una pressione forte su Governo, Regioni e Comuni per poter “perlomeno” iniziare a sistemare la spiaggia in previsione di una apertura di stagione per il fine settimana del primo maggio o comunque prima del ponte del 2 giugno". A dare l'avvio alle danze, è proprio il Governatore della Regione Abruzzo che il 13 aprile firma un'ordinanza con la quale permette agli operatori turistico-balneari la pulizia esistemazione degli arenili. Nel frattempo, sulla scia dell'appello di Vallarola, Francesca Santarella di Italia Nostra Ravenna realizza una bozza di lettera da inviare alle autorità di competenza in Emilia Romagna, cui segue, in data 18 aprile, una lettera ufficiale del Comitato Nazionale di Conservazione del Fratino, inviata al Ministero dell'Ambiente, all'ISPRA Istituto Superiore per la Protezione Ambientale, alla Guardia Costiera, e ai Carabinieri Forestali, per richiedere, nel contesto dell'emergenza del Coronavirus, la tutela dell'avifauna nidificante sulle spiagge e la regolamentazione delle operazioni di preparazione spiagge per la stagione balneare 2020. L'ISPRA, a sua volta, recepita la lettera del CNCF, emette una Nota tecnica, nella quale, citando il Fratino e la Beccaccia di mare, parla di un "concreto rischio soprattutto nel caso in cui la ripresa delle attività umane, con il conseguentemente aumento del disturbo negli ambienti costieri, avvenga in maniera troppo repentina o senza una forma di attento monitoraggio".
La notizia viene ripresa il 27 aprile in un articolo dal titolo "State attenti ai nidi sulle spiagge", sul sito web di Repubblica, un quotidiano che deve nutrire notevoli sensi di colpa nei confronti del Fratino, per aver appoggiato senza se e senza ma lo sciagurato Tour di Jovanotti attraverso buona parte dei suoi siti di nidificazione.

A seguito di tanta mobilitazione, quasi ovunque si riesce a garantire agli attivisti la possibilità di effettuare dei sopralluoghi, vuoi grazie ad Ordinanze regionali o comunali, vuoi tramite la disponibilità della Guardia Costiera, della Protezione Civile, dei Carabinieri Forestali, dei Vigili Urbani o dei Vigili del Fuoco. Chiunque sia interessato alle sorti del Fratino non può che ringraziare tutti coloro che, dimostrando quel pizzico di buon senso e di buona volontà necessario, pur in una situazione di emergenza epidemiologica, si è impegnato nella riuscita di queste operazioni. Solo pochissimi Comuni interessati mancano all'appello. Tra questi Vasto, la cui Amministrazione, evidentemente priva anche di quel pizzico di buon senso e di buona volontà, nulla ritiene di dover fare, nonostante il Fratino nidifichi costantemente nell'areale compreso tra Fosso Marino e il Torrente Buonanotte, al confine con San Salvo. Nonostante oltretutto che gran parte di quest'area sia occupata dalla Riserva Naturale Marina di Vasto, la cui Gestione congiunta, di Legambiente e WWF, ancora una volta, su una questione di rilevante interesse naturalistico, fa registrare il suo imbarazzante silenzio.

Il Gruppo Fratino Vasto, il Comitato Dune Bene Comune, e la SOA Stazione Ornitologica Abruzzese - anche con una lettera del 16 aprile agli Enti competenti- tentano inutilmente di sollecitare un interessamento dei Comuni di Ortona e Vasto, laddove San Salvo risponde invece positivamente. Con tutti gli altri attivisti in lockdown, tocca allora al sottoscritto, che risiede a Vasto Marina, nei limiti consentiti dalle vigenti leggi, e portando a passeggio il proprio cane -ovviamente al guinzaglio- spingersi almeno fino al Lungomare Duca degli Abruzzi, per dare una rapida occhiata allo stato dell'arte. Facendolo mi munisco di una copia stampata, tanto del decreto del Governo, quanto dell'Ordinanza sindacale che garantisce 500 mt di raggio d'azione, sapendo che probabilmente dovrò questionare con le pattuglie di passaggio, come mi è più volte accaduto di dover fare nei giorni scorsi, anche a una distanza di solo 100 mt da casa. Ovviamente evito di portarmi il binocolo, cerco di fare il più rapidamente possibile (non dico che faccio attenzione al distanziamento sociale perché la spiaggia è totalmente deserta dal 17 marzo, a parte il passaggio delle ruspe) e quindi il sopralluogo che posso realizzare è fugace, puntuale e poco efficace. Non posso certo spingermi oltre, nei confini della Riserva Marina di Vasto, interdetta oltretutto da Ordinanza Sindacale. E non capisco perché la Gestione della Riserva non si sia mobilitata adeguatamente, per tutelare il Fratino e la Cappellaccia, simbolo dell'area protetta, visto che nell'altra Riserva vastese, Punta Aderci, le attività di monitoraggio da parte del personale sono consentite. Oggi, 28 aprile, non riesco ad avvistare nessuna coppia, qualche giorno fa ero riuscito a vederne una in zona, ma di certo qualunque persona di buon senso può comprendere che non si può effettuare un efficace monitoraggio naturalistico in queste condizioni.


Provvedo però a fotografare, nel passaggio, lo stato deplorevole in cui versa ancora la spiaggia del Lungomare, a seguito delle vicende della scorsa estate quando, per realizzare il concerto di Jovanotti, il Luna Park fu maldestramente -e alla fine inutilmente- spostato nell'area Eventi. Area nella quale da molti anni il vero evento sono le nidificazioni del Fratino, nonostante l'Amministrazione e molti operatori turistico-balneari non gli diano la dovuta importanza. Nella foto potete vedere, a destra, un tratto di spiaggia al naturale, come si presenta senza impattanti interventi dell'uomo, con le fioriture di Silene e Ginestrino in primo piano, a sinistra il tratto adiacente, con un campetto di calcio, ivi collocato nell'ambito dei lavori preliminari del JBP, infine ancora a sinistra il tratto di spiaggia dove è stato parcheggiato per alcuni mesi l'autoscontro, dopo pesanti lavori di sbancamento e preparazione dell'arenile, a mezzo di ruspe. I danni ecologici sono ancora evidentissimi, un'ampia zona è totalmente priva di vegetazione (e ci vorranno anni perchè torni ai livelli della foto di destra) mentre nel campetto di calcio si può notare lo stesso nefasto effetto prodotto dal cosiddetto "human trampling", ovvero dal calpestio, con il conseguente compattamento del suolo che ne modifica le condizioni ecologiche. Avvicinandosi alla battigia persiste invece una piazzola in blocchi di cemento -foto in basso- che era probabilmente a servizio di qualche giostra, con il suo faro per l'illuminazione. Duole segnalare che tutte le aree fotografate, specialmente quelle in pessime condizioni, sono state negli anni scorsi oggetto di una intensa attività di nidificazione del Fratino, e che evidentemente nella scala di valori del Comune questo uccello protetto, tanto da Direttive Europee, quanto da Ordinanze Regionali, occupi una posizione piuttosto bassa, nonostante sia tra i parametri per l'assegnazione della tanto agognata bandiera blu.

Ma voglio rivolgere comunque un appello agli amministratori vastesi: visto che non si sono certo prodigati per consentire almeno un sopralluogo a tutela del Fratino, e visto che il danno alla vegetazione, nella spiaggia di Lungomare Duca degli Abruzzi, è oramai cosa fatta, è possibile ottenere almeno lo spostamento del campo di calcetto -la cui sede era un poco più a nord, a lato dello stabilimento Acapulco - e la rimozione della  piazzola in cemento?



sabato 25 aprile 2020

LA MARCIA DEI FRIGORIFERI




La "Marcia dei Frigoriferi" racconta le peripezie di un gruppo di bambini, che fuggono dalle proprie case con i frigoriferi, verso il Polo Nord. L'intenzione è semplice: salvare il mondo dallo scioglimento dei ghiacci. Il romanzo, pubblicato nel 2009, è uscito nella nuova edizione di Toutcourt il 29 novembre 2019, giorno del Quarto sciopero globale per il Clima. Oggi è 24 aprile 2020, giorno del Quinto sciopero globale, segnato dall'emergenza Covid-19. E non posso che dedicare questo post alla Marcia verso il futuro che stanno scrivendo i ragazzi di tutto il mondo.

Un “digital strike”, al quale ho partecipato, come avevo partecipato al quarto, e anche al terzo. Devo dire che si è trattato della manifestazione più comoda di tutta la mia vita. Nessun autobus da prendere in ore antelucane, nessuna marcia per raggiungere l'assembramento sotto i palazzi del Governo. Ora sto guardando la schermata, tratta dal sito ufficiale dell'evento, dalla quale leggo che nelle piazze di Roma ci sono state 6687 persone virtuali, con degli slogan densi di senso e creatività: “There is no planet B”, “Ci avete rotto i polmoni”, “Consumate le suole non i suoli”, “Non torneremo alla normalità, la normalità era il problema”. 

 

Ciò che contraddistingue questo sciopero dagli altri è che intorno a noi tutto è già fermo, le strade sono vuote o quasi, molte fabbriche inattive. Si tratta, a pensarci bene, del mondo come avrebbe dovuto essere all'indomani dell'Allarme Clima in tutta la sua gravità. Un mondo che si ferma, e riflette su cosa fare o piuttosto non fare, su come invertire la rotta prima di riprendere il suo cammino.
Invece, ci ha dovuto pensare il Covid, che in pochi giorni ha ottenuto un livello di riduzione delle emissioni, e dell'inquinamento (anche acustico) quale forse non si era avuto in decenni di battaglie. E se vogliamo riassumere tutta la lunga lotta per il Clima nel nome di Greta, ebbene, Covid batte Greta 3-0.

Da un lato dunque l'epidemia sembra togliere il lavoro a noi attivisti ambientali, dall'altro sembra creare le migliori condizioni per intensificarlo e portarlo a compimento. Da un lato una voce ci dice di spingere a più non posso ora, che tutti sperimentiamo le conseguenze dell'ecodevastazione globale nella maniera più drammatica - e nella sedentarietà della quarantena abbiamo anche tempo per rifletterci - dall'altro, come non raccogliere l'invito che Madre Natura sembra rivolgerci, a non fare, piuttosto che a fare?
In fondo, tendiamo sempre a sopravvalutare il ruolo delle nostre azioni, la loro estensione, il peso delle informazioni razionali che trasmettiamo, il riscontro di un consenso, e contemporaneamente sottovalutiamo il peso del cuore negli equilibri del mondo. Lo slogan della Marcia dei frigoriferi è “Riscaldiamo i nostri cuori e raffreddiamo il pianeta”. E per riscaldare il nostro cuore non può esserci altra soluzione che ritrovare un semplice senso di comunità con chi abita il nostro “condominio”. Se la nostra casa è in fiamme, forse dobbiamo prima di tutto verificare se anche il nostro cuore è in fiamme, per essere all'altezza della sfida.
Pensando che non conta davvero quanto agiamo, ma quel che siamo... ovvero la minima parte di un ecosistema dal quale dipendiamo. Perché se non ci sentiamo parte della Natura, profondamente, come possiamo lottare dalla parte della Natura? Ebbene, in questo la sospensione temporanea delle nostre esistenze ci aiuta, dandoci la possibilità di reimparare l'abc delle cose, ritrovando un rapporto perduto con le manifestazioni più prossime della biosfera, un respiro comune con le piante e gli animali che ci circondano, e sono il primo tramite per una riconnessione globale.

Mentre scrivo la lancetta ha terminato il suo giro, e siamo già al 25 Aprile, Festa Nazionale della Liberazione. Che assume un significato particolare se pensiamo alla “resistenza” che tutti stiamo opponendo all'avanzare del virus, medici e infermieri in prima linea, se pensiamo a quanto spesso in questi giorni è stata evocata, nella scala dei paragoni e delle similitudini, la parola “guerra”.
Ma anche se pensiamo alla liberazione che il nostro "confinamento" ha rappresentato, per tutti gli esseri viventi cui abbiamo drasticamente ridotto l'habitat di vita, talvolta fino alle soglie dell'estinzione. Caprioli, tassi, scoiattoli, anatre, pecore, lepri, sono venuti fino in città, al nostro portone, per “svegliarci”. Loro hanno fatto la vera manifestazione nelle strade, mentre noi cliccavamo le nostre presenze dai dispositivi digitali. 


 

giovedì 23 aprile 2020

AUGURI TERRA!

Oggi, anzi già ieri, si è celebrata la Giornata della Terra 2020. Un anniversario rotondo come il Pianeta che lo celebra. Si spengono le 50 candeline per questa festa universale, figlia dei figli dei fiori, e delle migliori energie dei “sixties”. L'Earth Day fu celebrato per la prima volta nel 1970, dopo esser sceso dal “Big Yellow Taxi” di Joni Mitchell. Quello stesso anno l'Overshoot Day cadeva quasi esattamente a fine anno, il 29 dicembre, prima di avviare il suo cammino a ritroso nel calendario, fino al 29 luglio, dove si è fermato l'anno scorso.
Nessuno avrebbe immaginato di festeggiare questi 50 anni in questa maniera, la peggiore dal nostro punto di vista, eppure la migliore, forse, dal punto di vista della Terra, che torna a respirare mentre noi indossiamo delle mascherine; torna a muoversi libera, con la sua biodiversità superstite, mentre noi restiamo confinati nelle nostre mura. Non c'é contrasto che possa rappresentare in maniera più stridente la nostra siderale distanza dal Pianeta sul quale pur viviamo, non c'è evidenza più cocente di quella che si sta facendo strada al nostro intelletto, in questi giorni: ciò che è morte per noi, appare invece vita per il Pianeta e i suoi (altri) abitanti.
Inevitabilmente ci siamo fermati a pensare, abbiamo dovuto fermarci a pensare. E se prima eravamo abituati a farlo in movimento, nel ritmo convulso dei nostri giorni, ora lo stiamo facendo in un inatteso stato di quiete. Mettendo le radici nella nostra realtà domestica, possiamo crescere nuovi pensieri, verdi come le chiome di un albero, attingendo ispirazione dalla statica saggezza delle piante che ci circondano. Con la consapevolezza che per guarire dalla nostra pandemia, dobbiamo starcene un poco più fermi.
 
In questa condizione, la natura con la quale possiamo familiarizzare non è quella “celebre” di un parco nazionale, o quella sconfinata di una cartolina, ma semplicemente quella che ci circonda, quella che vediamo dal balcone, o che ci aspetta appena fuori dal cancello. Egualmente la Terra che celebriamo, non è quella delle statistiche o delle campagne ambientaliste, delle enfasi ideologiche o dei video guerriglieri che la mostrano in fiamme, ma semplicemente quella che scambia il respiro con noi, con la quale fraternizziamo, condividendo il ritrovato silenzio, in un intimo senso di comunità, di collaborazione. Alla ricerca di un microcosmo nel quale sentirci di nuovo liberi.





Quello nella foto è il piccolo miracolo che sto vedendo crescere da settimane a pochi metri da casa. Così sorprendente, eppure così normale. Si tratta di un agguerrito plotone di dune embrionali, che resiste alla forza degli elementi, nel bel mezzo della spiaggia commerciale , al termine di una infilata di concessioni, che solo l'estate scorso sarebbe culminata con il palco del Beach Village di Jovanotti, se il concerto non fosse stato annullato. Sono collinette di sabbia, che si aggrappano attorno a un presidio vegetale, per non essere trascinate via. Sembrano persone, teste di un esercito in trincea che riemerge in superficie dopo la scomparsa del nemico, e si guarda intorno chiedendosi se sia davvero andato via. I loro capelli sono Ginestrini e Silene colorata, attorno ai quali ronzano, come idee in germoglio, bande di insetti pronubi. Inseguiti da rondini, e balestrucci, che sfiorano quella minuscola oasi, fiorita nel deserto della spiaggia commerciale. In un crescendo, la vita attira altra vita.
 
Girando le spalle, a pochi passi dalle dune embrionali, vedo qualcos'altro. Anzi non vedo nulla, ed è proprio lì che sta il bello. Rimane solo un dosso, a ricordarmi che lì giace un tronco, sotto una coperta di sabbia, lavorata dai venti per alcune settimane, un tronco arrivato con le mareggiate, che sta terminando naturalmente il suo ciclo di vita, contribuendo a ripascere la spiaggia, fornendo alloggio, e nutrimento, alle biocenosi degli ambienti litoranei. Qualcosa di sorprendente, eppure così normale, di una normalità -o naturalità- che però non è concesso vedere su una spiaggia turistica. Già da marzo agli operatori balneari, ai funzionari comunali, cominciano a prudere le mani. Bisogna cominciare a preparare la spiaggia! E quel poco di naturalità che questa riacquisisce durante l'inverno, viene sacrificata senza remore sull'altare della nuova stagione estiva. Per questo, già all'appressarsi della primavera, non è possibile vedere un tronco sostare sulla spiaggia più di qualche giorno, non è possibile seguire il processo che lo porta a inabissarsi nel mare di sabbia come una nave che lentamente va a fondo. Per questo è impossibile vedere nascere e crescere delle dune embrionali proprio di fronte al cemento armato di una concessione balneare. 

 



Concludo con un'ultima foto, scattata in queste settimane, all'indomani di una violenta mareggiata che ha riempito la battigia, di ceppi, tronchi, canne. È tutta roba che proviene dal fiume, non vi sono alghe, o piante marine, tra i ceppi scovo anche il cadavere di una rana. La straordinaria massa di detriti organici fa eccezionalmente passare inosservati i rifiuti di plastica, che pure affiorano qua e là. È una foto che restituisce la spiaggia come luogo di approdo e ripartenza, di accumulo e rilascio di energie, Un luogo selvaggio, che non è fatto per essere pulito, e tantomeno “più pulito” di prima. 
 
Da circa una settimana la Regione Abruzzo ha “riaperto” le spiagge, consentendo ai concessionari di cominciare a effettuare le operazioni di preparazione degli arenili. Ci siamo ovviamente preoccupati per il Fratino che, nel frattempo, vista la ritrovata privacy e libertà di movimento, potrebbe aver nidificato anche in zone off limits. Trovandosi in una situazione di maggior rischio. Sembra finito l'incanto. Gli operatori balneari, invece di soffermarsi con attenzione su quanto è accaduto sulla spiaggia in loro assenza, per trarne insegnamento, porteranno via tutto, ritornando a distruggere quell'ambiente che pure gli dà sostentamento economico; porteranno via tronchi, conchiglie, piante, e purtroppo spianeranno anche quel gruppo di giovanissime dune - al quale mi sono nel frattempo affezionato - che ora affollano una spiaggia altrimenti deserta. Chissà da quanti anni - mi chiedo -non spuntavano delle dune embrionali in quel tratto di spiaggia. Forse anche da 50, da quando è stata istituita la Giornata della Terra.