La
"Marcia dei Frigoriferi" racconta le peripezie di un gruppo di bambini,
che fuggono dalle proprie case con i frigoriferi, verso il Polo
Nord. L'intenzione è semplice: salvare il mondo dallo scioglimento
dei ghiacci. Il romanzo, pubblicato nel 2009, è uscito nella nuova
edizione di Toutcourt il 29 novembre 2019, giorno del Quarto sciopero
globale per il Clima. Oggi è 24 aprile 2020, giorno del Quinto
sciopero globale, segnato dall'emergenza Covid-19. E non posso che
dedicare questo post alla Marcia verso il futuro che stanno scrivendo
i ragazzi di tutto il mondo.
Un
“digital strike”, al quale ho partecipato, come avevo
partecipato al quarto, e anche al terzo. Devo dire che si è trattato
della manifestazione più comoda di tutta la mia vita. Nessun autobus
da prendere in ore antelucane, nessuna marcia per raggiungere
l'assembramento sotto i palazzi del Governo. Ora sto guardando la
schermata, tratta dal sito ufficiale dell'evento, dalla quale leggo
che nelle piazze di Roma ci sono state 6687 persone virtuali, con degli slogan densi di
senso e creatività: “There is no planet B”, “Ci avete rotto i
polmoni”, “Consumate le suole non i suoli”, “Non torneremo
alla normalità, la normalità era il problema”.
Ciò
che contraddistingue questo sciopero dagli altri è che intorno a noi
tutto è già fermo, le strade sono vuote o quasi, molte fabbriche
inattive. Si tratta, a pensarci bene, del mondo come avrebbe dovuto
essere all'indomani dell'Allarme Clima in tutta la sua gravità. Un
mondo che si ferma, e riflette su cosa fare o piuttosto non fare, su
come invertire la rotta prima di riprendere il suo cammino.
Invece,
ci ha dovuto pensare il Covid, che in pochi giorni ha ottenuto un
livello di riduzione delle emissioni, e dell'inquinamento (anche
acustico) quale forse non si era avuto in decenni di battaglie. E se
vogliamo riassumere tutta la lunga lotta per il Clima nel nome di
Greta, ebbene, Covid batte Greta 3-0.
Da
un lato dunque l'epidemia sembra togliere il lavoro a noi attivisti
ambientali, dall'altro sembra creare le migliori condizioni per
intensificarlo e portarlo a compimento. Da un lato una voce ci dice
di spingere a più non posso ora, che tutti sperimentiamo le conseguenze
dell'ecodevastazione globale nella maniera più drammatica - e nella
sedentarietà della quarantena abbiamo anche tempo per rifletterci -
dall'altro, come non raccogliere l'invito che Madre Natura sembra
rivolgerci, a non fare, piuttosto che a fare?
In
fondo, tendiamo sempre a sopravvalutare il ruolo delle nostre azioni,
la loro estensione, il peso delle informazioni razionali che
trasmettiamo, il riscontro di un consenso, e contemporaneamente
sottovalutiamo il peso del cuore negli equilibri del mondo. Lo slogan
della Marcia dei frigoriferi è “Riscaldiamo i nostri cuori e
raffreddiamo il pianeta”. E per riscaldare il nostro cuore non può
esserci altra soluzione che ritrovare un semplice senso di comunità
con chi abita il nostro “condominio”. Se la nostra casa è in
fiamme, forse dobbiamo prima di tutto verificare se anche il nostro
cuore è in fiamme, per essere all'altezza della sfida.
Pensando
che non conta davvero quanto agiamo, ma quel che siamo... ovvero la
minima parte di un ecosistema dal quale dipendiamo. Perché se non ci
sentiamo parte della Natura, profondamente, come possiamo lottare
dalla parte della Natura? Ebbene, in questo la sospensione temporanea
delle nostre esistenze ci aiuta, dandoci la possibilità di
reimparare l'abc delle cose, ritrovando un rapporto perduto con le
manifestazioni più prossime della biosfera, un respiro comune con le
piante e gli animali che ci circondano, e sono il primo tramite per
una riconnessione globale.
Mentre
scrivo la lancetta ha terminato il suo giro, e siamo già al 25
Aprile, Festa Nazionale della Liberazione. Che assume un significato
particolare se pensiamo alla “resistenza” che tutti stiamo
opponendo all'avanzare del virus, medici e infermieri in prima linea,
se pensiamo a quanto spesso in questi giorni è stata evocata, nella
scala dei paragoni e delle similitudini, la parola “guerra”.
Ma
anche se pensiamo alla liberazione che il nostro "confinamento" ha
rappresentato, per tutti gli esseri viventi cui abbiamo drasticamente ridotto l'habitat di vita, talvolta fino alle
soglie dell'estinzione. Caprioli, tassi, scoiattoli, anatre, pecore,
lepri, sono venuti fino in città, al nostro portone, per
“svegliarci”. Loro hanno fatto la vera manifestazione nelle
strade, mentre noi cliccavamo le nostre presenze dai dispositivi
digitali.
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