sabato 25 aprile 2020

LA MARCIA DEI FRIGORIFERI




La "Marcia dei Frigoriferi" racconta le peripezie di un gruppo di bambini, che fuggono dalle proprie case con i frigoriferi, verso il Polo Nord. L'intenzione è semplice: salvare il mondo dallo scioglimento dei ghiacci. Il romanzo, pubblicato nel 2009, è uscito nella nuova edizione di Toutcourt il 29 novembre 2019, giorno del Quarto sciopero globale per il Clima. Oggi è 24 aprile 2020, giorno del Quinto sciopero globale, segnato dall'emergenza Covid-19. E non posso che dedicare questo post alla Marcia verso il futuro che stanno scrivendo i ragazzi di tutto il mondo.

Un “digital strike”, al quale ho partecipato, come avevo partecipato al quarto, e anche al terzo. Devo dire che si è trattato della manifestazione più comoda di tutta la mia vita. Nessun autobus da prendere in ore antelucane, nessuna marcia per raggiungere l'assembramento sotto i palazzi del Governo. Ora sto guardando la schermata, tratta dal sito ufficiale dell'evento, dalla quale leggo che nelle piazze di Roma ci sono state 6687 persone virtuali, con degli slogan densi di senso e creatività: “There is no planet B”, “Ci avete rotto i polmoni”, “Consumate le suole non i suoli”, “Non torneremo alla normalità, la normalità era il problema”. 

 

Ciò che contraddistingue questo sciopero dagli altri è che intorno a noi tutto è già fermo, le strade sono vuote o quasi, molte fabbriche inattive. Si tratta, a pensarci bene, del mondo come avrebbe dovuto essere all'indomani dell'Allarme Clima in tutta la sua gravità. Un mondo che si ferma, e riflette su cosa fare o piuttosto non fare, su come invertire la rotta prima di riprendere il suo cammino.
Invece, ci ha dovuto pensare il Covid, che in pochi giorni ha ottenuto un livello di riduzione delle emissioni, e dell'inquinamento (anche acustico) quale forse non si era avuto in decenni di battaglie. E se vogliamo riassumere tutta la lunga lotta per il Clima nel nome di Greta, ebbene, Covid batte Greta 3-0.

Da un lato dunque l'epidemia sembra togliere il lavoro a noi attivisti ambientali, dall'altro sembra creare le migliori condizioni per intensificarlo e portarlo a compimento. Da un lato una voce ci dice di spingere a più non posso ora, che tutti sperimentiamo le conseguenze dell'ecodevastazione globale nella maniera più drammatica - e nella sedentarietà della quarantena abbiamo anche tempo per rifletterci - dall'altro, come non raccogliere l'invito che Madre Natura sembra rivolgerci, a non fare, piuttosto che a fare?
In fondo, tendiamo sempre a sopravvalutare il ruolo delle nostre azioni, la loro estensione, il peso delle informazioni razionali che trasmettiamo, il riscontro di un consenso, e contemporaneamente sottovalutiamo il peso del cuore negli equilibri del mondo. Lo slogan della Marcia dei frigoriferi è “Riscaldiamo i nostri cuori e raffreddiamo il pianeta”. E per riscaldare il nostro cuore non può esserci altra soluzione che ritrovare un semplice senso di comunità con chi abita il nostro “condominio”. Se la nostra casa è in fiamme, forse dobbiamo prima di tutto verificare se anche il nostro cuore è in fiamme, per essere all'altezza della sfida.
Pensando che non conta davvero quanto agiamo, ma quel che siamo... ovvero la minima parte di un ecosistema dal quale dipendiamo. Perché se non ci sentiamo parte della Natura, profondamente, come possiamo lottare dalla parte della Natura? Ebbene, in questo la sospensione temporanea delle nostre esistenze ci aiuta, dandoci la possibilità di reimparare l'abc delle cose, ritrovando un rapporto perduto con le manifestazioni più prossime della biosfera, un respiro comune con le piante e gli animali che ci circondano, e sono il primo tramite per una riconnessione globale.

Mentre scrivo la lancetta ha terminato il suo giro, e siamo già al 25 Aprile, Festa Nazionale della Liberazione. Che assume un significato particolare se pensiamo alla “resistenza” che tutti stiamo opponendo all'avanzare del virus, medici e infermieri in prima linea, se pensiamo a quanto spesso in questi giorni è stata evocata, nella scala dei paragoni e delle similitudini, la parola “guerra”.
Ma anche se pensiamo alla liberazione che il nostro "confinamento" ha rappresentato, per tutti gli esseri viventi cui abbiamo drasticamente ridotto l'habitat di vita, talvolta fino alle soglie dell'estinzione. Caprioli, tassi, scoiattoli, anatre, pecore, lepri, sono venuti fino in città, al nostro portone, per “svegliarci”. Loro hanno fatto la vera manifestazione nelle strade, mentre noi cliccavamo le nostre presenze dai dispositivi digitali. 


 

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