Tanto
i prodotti seriali del consumo hanno invaso le nostre spiagge, che a
molti risulta “naturale” scambiare per tali le uova di Neverita
josephinia: nastri di cartone, oppure cialde, coppette ricamate.
Invece, semplici, stupefacenti agglomerati di uova e sabbia. Ce ne
sono a centinaia sulla spiaggia, a seguito delle ultime mareggiate.
Una volta tanto, non i nostri rifiuti, bensì i segnali di vita di un
universo sconosciuto che pulsa a pochi metri dai nostri piedi nudi. A
compensare l'assenza di nidi di fratino, anche alcuni grappoletti di
uova di seppia, la cosiddetta “uva di mare”. Tanta fecondità non
può che stridere drasticamente con l'opera di “sterilizzazione”
in atto.
L'uomo
ha ripreso possesso già da alcuni giorni della “sua” spiaggia,
per questo lo sciabordio dell'acqua è sovrastato dal rumore di ruspe
e trattori, che lavorano incessantemente. E quel meraviglioso
drappello di dune embrionali, inaspettatamente creatosi nel bel mezzo
della spiaggia “commerciale”, che ho raccontato in un mio precedente post, è oramai solo un ricordo del periodo “felice” della
quarantena. Oggi ci sono i mezzi meccanici a dissodare, livellare,
rastrellare ogni segnale di vita di quell'universo, rendendo la
spiaggia soffice, come il suolo di un resort, per l'arrivo dei
bagnanti. Tutte cose viste e riviste mille volte. Prima ancora che
intervenissero i trattori, quelle piante le avevano però già
strappate via. Come se fossero un'eresia, un abominio. Perché
purtroppo è così: per tanti balneatori, per tanti amministratori,
la naturalità delle spiagge è qualcosa di cui vergognarsi, un male
da estirpare alla radice.
La
monocoltura dell'ombrellone non ammette alcuna ottica di sinergia, come è
ben detto in questo articolo intitolato “Distanziamento ambientaleai tempi del Coronavirus”. Per tanti balneatori, che pure godono di
un reddito grazie alla spiaggia, quelle piante non
hanno probabilmente nemmeno un nome. Sono solo erbacce. Magari si
tratta di persone che hanno anche un giardino nelle loro case, o una
terra, e sanno distinguere tra una cicoria e una malva. Perché
quelle sì, sono senz'altro piante, forse hanno una dignità e un
posto nel loro ristretto mondo, mentre sulla spiaggia no, sono uno
sbaglio divino, una maledizione. Sulla spiaggia una espressione
vegetale è più inaccettabile di un rifiuto di plastica. A costoro,
il fatto che nel periodo di quarantena la natura abbia ripreso molti
dei suoi spazi, non suggerisce che forse dovremmo riconsiderare i
nostri spazi in maniera più inclusiva; che hanno ancora perso una
ottima occasione per far vedere ai propri clienti come fiorisce il
deserto, creando -o più semplicemente lasciando esistere- un piccolo
giardino botanico dunale. Non li induce a mutare nemmeno la
considerazione che quel tratto di spiaggia di fatto non gli
appartenga, e non possono decretarne vita o morte, tanto più per
habitat protetti da direttive europee, perché sono solo
concessionari di un bene pubblico, che dunque dovrebbero saper
gestire nell'interesse pubblico, pur traendone legittimamente
guadagno. E l'interesse pubblico sta nell'accrescimento della
biodiversità, piuttosto che delle loro sedie a sdraio. Ma d'altronde, perché
dovrebbero darsi pena di capire e far capire qualcosa in più, quando
quasi nessuna Amministrazione si preoccupa di educare i suoi
cittadini con dei pannelli informativi?
Queste
persone, che depauperano la spiaggia di tutti i depositi organici, di
tutte le forme di vita, che pure la difendono, la accrescono, sono le
stesse persone disposte a illudersi che la frutta provenga dal
supermercato; e se ancora sono in grado di risalire all'arduo
concetto che i frutti provengono dagli alberi, mai e poi mai
arriveranno a riconoscere che è grazie agli insetti pronubi, che
gratuitamente trasportano il polline, se quei frutti sono arrivati a
maturazione, quindi sui loro piatti. Esattamente quegli stessi
insetti che pullulavano su quelle stupide, insignificanti dune
embrionali, tra fiori di silene e ginestrino. Persone che vogliono
godere dei frutti della Natura, senza pensare in contraccambio, di
dover contribuire alla fecondità della vita. Persone che, in altro
contesto, passano a diseccare ogni forma di vita attorno ai loro
olivi. Salvo poi chiedere gli aiuti dello stato e invocare lo stato
di calamità quando a disseccarsi sono gli stessi olivi. Lì
coltivazioni di olivi, qui di ombrelloni. Dove si spreme l'olio
solare, spesso così dannoso per la vita del mare, e le barriere coralline.
Leggo
la recente notizia di una invasione di cavallette in provincia
di Nuoro, che sta distruggendo qualunque orto o campo coltivato trovi
sul suo cammino. Coldiretti afferma nell'articolo riportato da Ansa
che "L'unica speranza è nei predatori naturali, come
gli uccelli che potrebbero aiutare a contenere le popolazioni di
locuste”. Fa piacere che finalmente si cominci a
scrivere che la lotta biologica è l'unica arma veramente efficace contro
parassiti e insetti nocivi... ma gioverebbe allora anche ricordare
che gli uccelli non esistono solo quando ci fanno comodo. Hanno
bisogno sempre, di nutrimento. E, per tornare a quel drappello di
dune embrionali in fiore, esse richiamavano appunto gli insetti, che a loro
volta richiamavano dei formidabili insettivori, come i balestrucci e
soprattutto le rondini, la cui popolazione è in notevole declino,
proprio a causa dei pesticidi la cui funzione sarebbe quella di
garantire il proprio raccolto. Salvo poi vederlo distrutto quando
arrivano le cavallette, ma le rondini non ci sono più. In un
cortocircuito logico. In una dimostrazione di ignoranza che si
rinnova ogni anno con le fioriture primaverili, e l'inizio della
stagione balneare, cui si aggiunge quest'anno il sovraccarico di
idiozia generato dal Coronavirus. Con le sanificazioni annunciate degli
stabilimenti balneari, che si spera non spandano candeggina anche
sulla sabbia, come avvenuto in Spagna. E la moltiplicazione dei
rifiuti di plastica al vento. E i guanti pronti ad agguantare ignari
pesci.
Ma se la distanza minima di 3,5 mt tra ombrellone e ombrellone ci darebbe un giusto respiro, facendo somigliare meno ad allevamenti intensivi le nostre concessioni, come non preoccuparsi della compensazione che gli operatori balneari chiedono? Perché i legislatori gliela concederanno, come si denuncia in questo articolo intitolato “Spiagge libere addio? La Regione le regala agli stabilimenti balneari”, preoccupandosi di salvaguardare il loro fatturato, ma non altrettanto il “fatturato” della Natura, dal quale pure il primo dipende. Sembra che non riusciamo a imparare nulla dalle lezioni, in questa Italia che ha festeggiato il suo Overshoot day già da tre giorni. La rarefazione dell'uomo paradossalmente produrrà ulteriore rarefazione della natura. Le grandi ammucchiate di Jovanotti, e il distanziamento balneare, due situazioni tanto diverse, produrranno lo stesso drammatico effetto, se non si prende in considerazione l'adeguato distanziamento dalla natura. E il fatto che nella task force del Governo ci sia ora anche Donatella Bianchi, con la "competenza" acquisita durante il Jova Beach Party, non ci aiuta certo a stare tranquilli. Gli operatori balneari si allargheranno, passeranno a gestire anche le spiagge libere, arriveranno con i loro trattori a conquistare alla “civiltà” nuovi tratti semiselvatici di costa. E una volta che si saranno allargati, che avranno conquistato un diritto, sarà ben difficile farli tornare nei ranghi.
Ma se la distanza minima di 3,5 mt tra ombrellone e ombrellone ci darebbe un giusto respiro, facendo somigliare meno ad allevamenti intensivi le nostre concessioni, come non preoccuparsi della compensazione che gli operatori balneari chiedono? Perché i legislatori gliela concederanno, come si denuncia in questo articolo intitolato “Spiagge libere addio? La Regione le regala agli stabilimenti balneari”, preoccupandosi di salvaguardare il loro fatturato, ma non altrettanto il “fatturato” della Natura, dal quale pure il primo dipende. Sembra che non riusciamo a imparare nulla dalle lezioni, in questa Italia che ha festeggiato il suo Overshoot day già da tre giorni. La rarefazione dell'uomo paradossalmente produrrà ulteriore rarefazione della natura. Le grandi ammucchiate di Jovanotti, e il distanziamento balneare, due situazioni tanto diverse, produrranno lo stesso drammatico effetto, se non si prende in considerazione l'adeguato distanziamento dalla natura. E il fatto che nella task force del Governo ci sia ora anche Donatella Bianchi, con la "competenza" acquisita durante il Jova Beach Party, non ci aiuta certo a stare tranquilli. Gli operatori balneari si allargheranno, passeranno a gestire anche le spiagge libere, arriveranno con i loro trattori a conquistare alla “civiltà” nuovi tratti semiselvatici di costa. E una volta che si saranno allargati, che avranno conquistato un diritto, sarà ben difficile farli tornare nei ranghi.
Così,
tra prassi ed emergenza, continuano testardamente, scioccamente, anno
dopo anno, a segare il tronco sul quale pur siedono, dilapidando
senza un minimo di coscienza quel piccolo capitale che la natura gli
ha affidato, e quando se lo ritroveranno eroso con le prime
mareggiate autunnali, con i piedi nell'acqua piangeranno disgrazia. E
ancora invocheranno aiuti dallo stato. Parleranno di catastrofe,
quando si tratta semplicemente di inesorabile karma del dissennato
turismo balneare.
Le uova di Neverita Josephinia
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