Questa è una foto della pinetina di Lungomare
Cordella, a Vasto Marina. Credo che i pini, in primo piano, siano stati abbattuti un paio di anni fa,
ricordo benissimo che andai a chiedere spiegazioni e abbozzai una
protesta, ma fui tranquillizzato dall'operaio di turno, che mi disse:
“Non si preoccupi, verranno piantati nuovi alberi”. Di tempo ne è
passato. Non è stato fatto per questi, e non è stato fatto per
quelli tagliati precedentemente, che pure appaiono nell'immagine, tanto che la pineta, affetta da
evidente alopecia, oramai si potrebbe quasi definire una ex-pineta; è
comunque uno spazio privo di connotazione, di cura, nel quale manca
buona parte del suo elemento essenziale. Camminare in alcuni spazi
verdi di Vasto mi fa talvolta pensare a una passeggiata in un foro
romano, o in una qualunque area archeologica, nella quale le colonne
integre, ancora in piedi, sono pochissime, e per il resto vi sono
solo tanti monconi, a testimoniare antichi fasti. Ma se l'Impero
Romano è una istituzione politica che appartiene al passato remoto
della nostra storia, in questo caso parliamo di quella che
Mancuso ha definito la Nazione delle Piante, ovvero una istituzione
viva e operante, estesa in tutto il globo, dalla quale dipende il
nostro ossigeno, il nostro benessere, la vita, nostra e di tutti gli
esseri viventi che lo abitano con noi.
Conoscevo
bene quei pini, perché abito lì vicino, e non mi sembravano
affatto in uno stato di conservazione tale da richiederne
l'abbattimento. Di certo non più degli altri che li circondano. E se quelli
richiedevano abbattimento, allora si dovrebbe procedere a tagliare
la metà degli alberi della nostra città, per semplice coerenza.
Come potete notare, nella foto c'é addirittura quel che resta di un
pino giovanissimo, tagliato ancora prima di poter crescere. Anni
prima lo avevo notato, con il sollievo, e lo stupore, di vedere
finalmente un albero nuovo, forse nato per disseminazione naturale,
cosa rara in questa città. Certo, quello sì, appare storto, ma era ancora un alberello.
Sono
rimasto qualche minuto sul posto, chiedendomi quale possa essere la
logica malata che presiede a tante esecuzioni sommarie, in tante città italiane. In questo caso azzardo una
spiegazione, non ne vedo altre, anche se, mi rendo conto, potrebbe
suonare demenziale. E se qualcuno del Comune mi vuole smentire,
allora produca la perizia che ne ha giustificato il taglio.
Come
vedete dalle foto, sono stati tagliati i 2 alberi nelle immediate
vicinanze della panchina, idem per quella successiva. E mi domando se
non sia stato fatto per impedire che delle persone, sedute su quelle
panchine, potessero essere assassinate da dei pericolosissimi pini
incombenti sul loro capo. Infatti adesso, se vi ci volete sedere,
invece di godere di un poco d'ombra, come sarebbe lecito attendersi, vi ritrovate sotto il sole battente. Dovremmo quindi rivedere
tutti i topoi letterari, che narrano di rinfrescanti soste di riposo
all'ombra di una chioma verde? Dovremmo iniziare una campagna di
desensibilizzazione, e dire che gli alberi sono pericolosi sempre, non solo quando c'é un temporale?
Questi
pini fanno parte delle centinaia di alberi abbattuti
e mai ripiantumati nel nostro territorio. Bisognerebbe davvero farne
la conta, per quantificare, almeno approssimativamente, i costi
profusi, i danni perpetrati alla salute pubblica, la dimensione reale
dell'ignavia dei nostri amministratori, in un momento nel quale il taglio degli alberi, in tutta Italia, assume le dimensioni di
un fenomeno inquietante. Ieri a Vasto hanno finalmente presentato il
progetto di Catasto Arboreo, che nella sua prima fase ha censito 538
pini marittimi. Bene, allora facciano anche la conta dei “caduti”.
E provvedano finalmente alla ripiantumazione. Perché a tagliare il
tronco fanno presto, poi lasciano il moncone per anni, talvolta
decenni.
Si comportano così perchè piantumare è un'operazione che richiede volontà,
desiderio, amore, progettualità, conoscenza. La distruzione no.
Quella è facile, si procede senza preavviso, magari solo per dare
qualcosa da fare a degli operai - che potrebbero avere cose migliori
in cui impegnarsi - come avviene per le capitozzature.
Che
una pinetina, in uno dei punti più pregevoli della nostra costa, oltre
che maggiormente frequentati da residenti e turisti, non venga
adeguatamente curata, ma rimanga per anni mozzata, dimezzata,
dimenticata, è di fatto un atto di vandalismo istituzionalizzato.
Inutile puntare il dito con ipocrisia contro dei ragazzi che rompono
un lampione o imbrattano dei muri, se l'esempio di sciatteria, di
trascuratezza nei confronti del patrimonio cittadino da parte di chi
lo amministra è questo.
Cominciamo
a rimettere in cima alla lista dei valori e dell'agenda pubblica le
cose che veramente contano. Si tratta di una grave mancanza, che
merita ben più rilievo di tanti battibecchi politici che occupano le
pagine dei giornali, perché mina il funzionamento stesso della vita
e degli ecosistemi alla loro radice. Si tratta di qualcosa che non
possiamo più permetterci di minimizzare, perché gli alberi sono
equiparabili a infrastrutture di salute pubblica, e il loro ruolo è
tanto più importante quanto più si aggrava la crisi ambientale che
mette a rischio la nostra stessa sopravvivenza su questo pianeta. Gli
amministratori incapaci di comprendere le connessioni ecologiche che
sono alla base della nostra esistenza, andrebbero indirizzati a
percorsi di rieducazione, non messi in grado di amministrare il bene
pubblico, del quale non conoscono evidentemente le nozioni basilari.
Non avremmo oggi un Paese devastato, tra i più cementificati al
mondo, piagato dall'erosione e dal dissesto idrogeologico.
A
ulteriore conferma del fatto in questa città non ci si può stupire più
di nulla, potete dare una sbirciata ai giardini
di Palazzo D'Avalos. L'ennesimo sfregio al verde vi attende. Lì
giacciono da mesi degli alberi destinati a piantumazione.
Forse, in un momento di resipiscenza (forse per aver completamente disatteso la legge 10/2013, che conferma l'obbligo di piantare un albero per ogni nuovo nato, e perché si prevedono sanzioni per i Comuni inadempienti), ne hanno pianificato la
messa a dimora, per poi dimenticarsene -così pare- del tutto. Per quegli arboscelli il "lockdown" non è dunque mai terminato, e alcuni
avrebbero urgente bisogno di rianimazione perché appaiono
completamente secchi. Tutto questo mentre viene presentato il
Catasto del verde, per dimostrare quanta attenzione sia riservata in
questa città al patrimonio arboreo.